Dott. Giorgio Nespoli
Psicologo - psicoterapeuta

Il lavoro psicoterapeutico

Dott. Giorgio Nespoli

Dott. Giorgio Nespoli psicologo psicoterapeuta a Torino

Molto frequentemente le persone che chiedono una consultazione a seguito della quale viene valutata la possibilità e l’opportunità di un lavoro psicologico si trovano di fronte a quelle che generalmente vengono considerate le principali tipologie di trattamento: il sostegno psicologico, la psicoterapia e un percorso psicoterapeutico più approfondito attraverso una psicoterapia psicoanalitica. 
La differenza consiste essenzialmente nella prevalenza di interventi mirati a sostenere le capacità di una persona o a favorire una sua migliore conoscenza del proprio modo di funzionare e di essere, dandole quindi la possibilità di fare e di vivere un’esperienza di cambiamento.
Naturalmente non sono certo rare le occasioni nelle quali queste due maniere di condurre il lavoro psicologico possano incontrarsi e stare insieme, e nessuno tra questi interventi può essere ritenuto “migliore” o “peggiore”: è importante che venga scelto quello che incontra maggiormente le necessità, le caratteristiche e i desideri della persona consultante, che possa cioè risultarle più adatto.

Il sostegno psicologico, la psicoterapia, la psicoterapia psicoanalitica

Generalmente, il lavoro psicologico parte dal “sintomo” psicologico o psicofisico, talvolta anche prevalentemente fisico, in ogni caso il malessere per il quale si è consultato lo psicologo. I sintomi psicologici possono essere molteplici, e possono essere legati ad un particolare evento o periodo della vita, ad eventi che ci sono risultati traumatici, dolorosi o intollerabili, a condizioni di salute, a particolari eventi di vita che possono passare inosservati e non facilmente identificabili: spesso si tratta di sensazioni complesse che superano la nostra capacità di poterle comprendere.
Il sintomo è qualcosa che non amiamo: ci fa star male, spesso non capiamo perché ci è venuto o “che cosa vuol dirci”, ci fa sentire impotenti e magari sopraffatti: ma svolge una funzione preziosissima e imprescindibile, ci segnala che qualcosa di noi sta soffrendo e chiede di stare meglio, e a modo suo ci indica anche che cosa di noi sta male e come poterci avere a che fare, e in questo modo ci apre la strada e ci dà la direzione e le modalità della cura, verso la possibilità della comprensione e del cambiamento.
Tutto ciò che viviamo senza riuscire a “fotografare” della nostra esperienza, rischia di trasformarsi in una qualche forma sintomatica. 
Il lavoro psicologico è probabilmente assimilabile ad un sostegno all’attività “fotografica” che la nostra mente svolge continuamente, soprattutto in maniera inconsapevole: talvolta va più sostenuta l’attività fotografica, che sembra essere lenta o essersi rallentata, talaltra pare che non riusciamo a fare fronte alla grande quantità di fotografie che ci vengono incessantemente messe a disposizione, sentendoci sopraffatti da qualcosa che non riusciamo a comprendere e quindi – ancor meno – ad utilizzare come risorsa. 
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